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Cesare Pascarella

Le  venditrici  di  ortaglie  e  di  frutta,  di  grano,  di  pane,  di ciambelle, di stoviglie di creta e d'altri utensili famigliari erano disposte in lunghe file. Io mi addentrai tra quelle file, e ammirai gruppi  di  donne  veramente  stupendi.  Finalmente,  rimasto abbagliato dai colori vivaci delle vesti, dei busti, e degli scialli smaglianti al sole, sul fondo grigio de monti lontani, entrai in una modesta trattoria ove per pochi soldi, mangiai una buona bistecca e molte frutta così belle, fresche e saporite che le nipoti di Atlante me  le  avrebbero  invidiate. 

 

La torma s'era già allontanata d'un bel tratto, quando vidi avanzar solitaria una figura scarna e gialla di donna: portava su la testa un canestro coperto da un pezzo di panno rosso tutto sdruscito e le

gambe  di  un  bimbo  vi  penzolavano  fuori:  camminava appoggiandosi a un bastone su cui era legato con una corona un ramo d'ulivo; e, si sforzava di raggiungere le compagne che si allontanavano cantando. Le gettai pochi soldi. Essa si fermò, li radunò col bastone, si curvò a stento, li raccolse e, dopo di avermi ringraziato con un cenno, seguitò la strada.

Di tanto in tanto fra i contadini che già presi dal vino saltano furiosamente al suono degli organetti, delle zampogne e delle chitarre, mentre le loro donne battendo le mani cantano con le voci stridule volgari canzoni d'amore, passano file interminabili di pellegrini coi bordoni ornati da sacri amuleti e dalle immagini di  San  Domenico  e  della  Madonna  di  Canneto

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