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Storia del costume

Nel delineare la storia del costume ciociaro ci si approccia con una grande quantità di dipinti e fotografie dell’Ottocento, realizzati quando il pittoresco attraeva pittori e soprattutto compratori.

 

Un acquerello, una litografia, una cartolina o un più costoso dipinto ad olio era uno dei souvenir preferiti del viaggio in Italia, in grado di evocare dolci ricordi o romantiche suggestioni in chi non vi era stato.

 

Tuttavia tali fonti pur appagando l’occhio non sono sempre veritiere in quanto molte variazioni al costume originale vennero apportate sia dagli stessi modelli che cercavano di enfatizzare la vivacità dei colori o la ricchezza degli stessi che dagli esecutori che interpretavano e filtravano la realtà spesso edulcorandola per assecondare il gusto di possibili acquirenti.

 

Per questo le fonti più autorevoli restano i soli capi di vestiario dell’epoca conservati fino ai giorni d’oggi. Infatti le documentazioni di archivio come gli inventari allegati ad atti notarili redatti per lasciti ereditari o contratti di matrimonio, i verbali di polizia con la descrizione dell’abbigliamento dei ricercati o dei morti, diari e corrispondenze private che fanno riferimento all’abbigliamento, recano descrizioni piuttosto sommarie che spesso sono soggette ad interpretazione.

 

Il costume popolare nasce a partire dal Seicento, quando inizia una differenziazione in base agli usi ed ai costumi locali. Le maschere della Commedia dell’Arte rivelano delle differenze regionali nell’abbigliamento sia maschile che femminile, date dall’uso di certi tessuti e colori o foggia a seconda della provenienza geografica.

 

Nel Settecento esiste una vasta letteratura “di viaggio” che sotto forma di diari, corrispondenze private ma anche opere a carattere letterario, come racconti e romanzi, informano sui costumi.

 

Notevole è anche l’inizio di una rappresentazione visiva con la produzione di album di incisioni, acqueforti ed acquerelli. Il costume tradizionale dei luoghi visitati diventa una delle curiosità, una delle cose che il viaggiatore deve vedere anche se sovente ne coglie solo l’aspetto più esteriore e folklorico.

 

Per quanto riguarda il costume ciociaro mancano documentazioni attendibili al riguardo.

 

Forse nell’opera di uno dei cosiddetti Bamboccianti del Seicento romano, Michelangelo Cerquozzi si può cogliere certe affinità per via del copricapo della donna che danza e per calzature che porta ai piedi, più simili ad un soccus romano che ad una ciocia ma forse può essere un tratto fatto rientrare nella interpretazione dell’artista.

 

Più tardi fu il pittore ed incisore romano Bartolomeo Pinelli a fornire una gran quantità di soggetti in costume e al pari del suo valore artistico, la sua opera costituisce un importante documentazione etnografica.

 

Ma fu soprattutto nella seconda metà dell’Ottocento che la creatività artistica dei pittori italiani e stranieri che soggiornavano a Roma a restare folgorata dai colori e dalla bellezza dei costumi ciociari. Si recavano spesso in alcune zone di Roma come piazza Montanara, dove stazionavano i manovali dalle campagne per rappresentarli con i loro abiti pittoreschi o in piazza di Spagna dove sulla scalinata di Trinità dei Monti, le contadinelle che vendevano violette ed uova non disdegnavano di posare per un veloce acquerello in cambio di qualche baiocco.

 

Per oltre mezzo secolo si assistette ad una produzione frenetica di opere visive con il costume ciociaro come tema, non solo ad opera dei cosiddetti pittori di genere ma anche di artisti di livello mondiale.

 

La produzione copiosa significò anche una diffusione massiccia in tutta Europa e perfino oltreoceano, che portò ad identificare il costume italiano con quello ciociaro (Santulli)

 

Lo sviluppo della fotografia fece conoscere il costume ad un pubblico molto ampio grazie alle cartoline illustrate che rappresentavano questi soggetti. Ed il Fascismo favorì la cultura popolare individuando in questa un efficace mezzo per l’educazione delle masse. L’Italia rurale e le sue tradizioni vennero esaltate e considerate un antidoto contro la degenerazione morale della società moderna. I costumi tipici vennero conservati e si organizzavano parate ed occasioni celebrative dell’elemento folclorico, ad iniziare dalla sfilata in occasione del matrimonio tra Umberto II e Maria Josè del Belgio nel 1930edalla istituzione del Museo delle Arti e delle Tradizioni Popolari di Roma.

 

Purtroppo a partire dal secondo dopoguerra si è assistito ad un rapido declino nell’uso del costume e a un repentino abbandono dello stesso.

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